Bello pensare di impastare la pizza senza imbrattarsi le mani e sporcando soltanto una ciotola, ancora meglio se la pizza che viene fuori è morbida, ariosa e digeribilissima, no?
Ho visto qui per la prima volta questo metodo ormai alcuni anni fa e, nel tempo, l’ho fatto mio, provandolo diverse volte e adattandolo alle mie esigenze, ma, rivedendo adesso la pagina, devo dire che i fondamentali sono proprio tutti lì, solo che i suoi risultati sono spettacolari, i miei diciamo accettabili, ecco.
Ingredienti per due teglie di pizza:
400 gr farina 0
100 gr farina di semola rimacinata di grano duro
420 ml acqua
100 gr lievito in coltura liquida (rinfrescato due volte nelle 24 ore precedenti)
due cucchiai olio extra vergine di oliva
un cucchiaino sale
un cucchiaino di malto d’orzo
Il primo giorno, come sempre, è quello, poco impegnativo, del rinfresco del lievito in coltura liquida. Nel primo pomeriggio mescolo 20 gr di lievito con 20 gr acqua e 20 gr di farina manitoba e lascio a temperatura ambiente per 6 – 8 ore.
La sera, prima di coricarmi, aggiungo nel barattolino altri 20 gr di acqua e 20 gr di farina manitoba e lascio a temperatura ambiente fino alla mattina successiva:
Il secondo giorno si impasta, in questo caso senza neanche sporcarsi le mani.
Sciolgo il cucchiaino di malto e poi il lievito in 420 ml d’acqua.
Metto nella terrina le due farine, ci verso dentro l’acqua con il lievito e inizio a mescolare con la spatola (il leccapentole, per usare un termine che fa scompisciare la mia Vale). Solo quando inizia ad amalgamarsi, aggiungo il cucchiaino di sale.
Quando ho incorporato il sale, sempre mescolando solo con la spatola, lascio riposare l’impasto per circa dieci minuti, senza preoccuparmi troppo se non sembra troppo liscio
Trascorsi dieci minuti, aggiungo due cucchiai di olio extravergine di oliva e continuo a girare con la spatola.
Prima che l’olio sia stato completamente assorbito, in modo che mi aiuti a non far appiccicare l’impasto alla spatola e alle dita, inizio a fare quelle che mi pare si chiamino pieghe in ciotola. Prendo, tirandolo con la spatola e le dita, un lembo di impasto, lo tiro un po’ verso l’alto e poi lo ripiego sul resto dell’impasto, se possibile fino alla parete opposta della ciotola.
Ripeto l’operazione diverse volte girando la ciotola, finché l’olio non si è completamente assorbito, l’impasto non è diventato un po’ più liscio e a fare un po’ di resistenza quando tiro il lembo, quando, sollevando il lembo, inizia a portarsi dietro anche il resto dell’impasto, non so se mi spiego bene. Comunque secondo me non è il caso di insistere troppo, perché la pizza poi va stesa, non va messa in forma come il pane, quindi un impasto troppo tenace alla fine sarebbe addirittura controproducente.
Lo copro e lo metto nella parte bassa del frigo fino al primo pomeriggio del giorno successivo.
Ecco come lo trovo quando lo estraggo dal frigo, meravigliosamente pieno di bollicine:
Voilà, l’impasto è pronto, le mani sono rimaste pulite e ho sporcato soltanto una ciotola, ora non resta che stenderlo e dar libero sfogo alla fantasia.
Fin qui l’impasto, però, per completezza, vorrei mostrare anche come preparo le teglie e stendo le pizze, siccome questa è la parte che a me ha dato, e dà, più grattacapi.
Prima taglio la carta forno a misura della teglia.
Ungo la teglia pennellandoci sopra un filo d’olio, anche di semi, serve soltanto per tenere ben ferma la carta forno. Faccio aderire per bene la carta forno alla teglia e pennello un altro filo d’olio sopra la carta forno, questa volta olio d’oliva.
Avendo a disposizione mezzi non raffinatissimi, le teglie sono quelle che sono e il forno pure, questo è il metodo che per me funziona meglio per non far attaccare la pizza e creare sotto una crosticina appena croccante, ma non biscottata.
Poi viene la parte che mette più alla prova la manualità e in cui necessito ancora di molto molto allenamento, cioè la stesura della pizza. Come si vede nelle foto, non sono certo una campionessa, ma migliorerò.
Anche in questo caso, voglio condividere il metodo che, almeno per me, finora ha sortito i migliori risultati: ribalto l’impasto sul piano di lavoro abbondantemente infarinato con semola rimacinata e lo stendo prima un po’ sul piano stesso, sempre aiutandomi con abbondante semola, poi, con mossa lestissima, lo metto nella teglia preparata come descritto sopra e lì finisco di stenderla.
Tanto per completare il quadro, dirò anche che copro le taglie con pellicola trasparente e le lascio lievitare ancora in forno spento per 4 o 5 ore.
Poi le condisco come mi suggeriscono fantasia e ingredienti a disposizione e le cuocio in forno caldo, con dentro il solito pentolino pieno d’acqua, a 220° per 15 – 20 minuti circa.
Questa volta ne ho fatta una con la salsiccia, per la gioia del papà, e una tipo focaccia con fettine di pomodoro fresco, olive taggiasche denocciolate e un giro di ottimo olio extra vergine siciliano sopra, per la gioia della sottoscritta.
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